Storia della
crociata infame

Questa è la raccolta di alcuni messaggi
diffusi il 3 settembre 1998
in alcune liste sull’internet


di Giancarlo Livraghi

 

 

 

Siamo all’ennesima (e questa volta clamorosa) “crociata” della stampa e della televisione contro l’internet.

Il vero contenuto delle notizie sarà da approfondire... ma a prima vista sembra che si tratti dell’incriminazione di alcune (poche) persone in Italia che sarebbero “consumatori” di materiale “pornografico” in cui compaiono adolescenti e bambini; e due (due di numero) ne sarebbero anche “produttori”.

Se dopo anni di indagini a tappeto, con tanto di “leggi speciali”, ci sono così pochi indiziati, mi sembra palese che il fenomeno non abbia quelle dimensioni gigantesche che i “grandi mezzi” di informazione si sono affannati a dipingere.

Nessuno pensa che sia perdonabile il maltrattamento (sessuale o non) di “minorenni”. Il problema è millenario, cercare di eliminarlo o controllarlo non è una cosa facile. Questa repressione è un piccolo dettaglio fra migliaia di interventi che possono essere necessari per cercare di intaccare “loschi commerci” (che sono solo un aspetto del problema, e non il principale).

Il fracasso che circonda questa notizia, sostanzialmente secondaria, è impressionante (il massimo di evidenza in prima pagina su quasi tutti i giornali – e nei notiziari “di massimo ascolto” in televisione) condita di commenti che, per l’ennesima volta, tendono a descrivere l’internet come la causa o l’origine di un fenomeno che ha tutt’altre radici.

Non mi piace fare “dietrologia”. Ma mi sembra palese che il disegno è un altro: perseguitare, e per quanto possibile censurare, un sistema di comunicazione che è un po’ troppo libero e quindi dà fastidio ai “padroni del vapore”. Un’operazione sistematica e continua, che dura da anni, con ogni sorta di pretesti, compresi i più assurdi – e con le conseguenze che ben conosciamo.

Non è bello che una decina di persone faccia collezione di materiale di quella specie e che due professionisti, a Napoli e a Catanzaro, siano sospettati di insidiare bambini (anche se è noto che ci sono molte più persone, un po’ dovunque, che fanno cose orribili e non hanno l’imprudenza di andare a dirlo nell’internet, dove è facile essere acchiappati). Ma è molto più grave che la cosiddetta “informazione” proposta dai “grandi mezzi” a senso unico (non solo in Italia) sia così deformata e deformante – e non solo su questo argomento.

L’internet, usata bene, può essere uno strumento per aprire qualche fessura nella barriera della disinformazione e della manipolazione. Perciò ogni pretesto è buono per cercare di reprimerla.




Fra i tanti commenti, proviamo a sceglierne uno (non “a caso”, perché è in prima pagina sul Corriere della Sera, quindi in una delle posizioni più evidenti di tutta la stampa italiana).

Isabella Bossi Fedrigotti scrive cose, in complesso, abbastanza equilibrate (ma naturalmente deformate dal clamore dei titoli). Per esempio che mettendo queste cose sull’internet i malandrini si fanno acchiappare. Ma c’è in quell’articolo, come in quasi tutti i commenti (e, viste le leggi che fanno, nella mente di politici e legislatori) una madornale bugia. Dice che “è colpa dell’internet” perché senza l’internet queste decine di spregevoli personaggi nemmeno se le sognavano tutte le foto, le notizie, gli indirizzi...

Molto semplicemente, non è vero. Non ho mai visto i materiali di cui si parla (né in rete né altrove) quindi non so quanto devo davvero inorridire o quanto si tratti di qualcuno che ha fotografato la sua bambina nuda sulla spiaggia. Sicuramente c’è in giro una mistura di cose innocentissime, che dispiacciono ai bigotti, e di cose davvero orribili.

Ma chi ha passato una vita a occuparsi di sistemi informativi non può non sapere che decenni fa, quando l’internet non c’era o era usata solo da pochi professori universitari, circolavano in un mercato clandestino videocassette con contenuti di tutti i generi, di cui alcuni allucinanti (come persone torturate e uccise). E che fotografie di ogni genere “proibito” erano in circolazione già nel secolo scorso (non parlo della collezione di fotografie di Charles Dodgson, cioè Lewis Carroll, l’autore di “Alice nel paese delle meraviglie”, che non è mai stata diffusa o “commerciata” e alla sua morte è stata distrutta per sua disposizione testamentaria). C’era allora, come c’è oggi, un mercato per quelle cose; e se c’è chi produce quel genere di materiale dev’esserci più di “qualche decina“ di compratori. Che probabilmente evitano di usare uno strumento un po’ troppo trasparente come l’internet – oltretutto messi in guardia da pubbliche campagne sul tema che rimbombano in tutto il mondo da anni. Il fracasso non serve a raggiungere i colpevoli, ma solo a farli stare rifugiati e nascosti in quei mezzi poco visibili o controllabili che usano da più di cent’anni.

Il comportamento dei “grandi mezzi di informazione” e dei “pubblici poteri” in queste cose ha tre nomi: ignoranza, ipocrisia e repressione (anche, anzi soprattutto, di chi nulla ha a che fare con il commercio di materiale più o meno “osceno”).

So che è già stato detto, da me e da altri, molte volte. Ma finché lo sconcio della falsa informazione continuerà saremo costretti a ripeterlo.




Non sempre condivido le posizioni dei radicali (o “lista Pannella” o “riformatori” che dir si voglia) ma questa volta meritano un sincero applauso. Ecco il loro comunicato.


Comunicato della Lista Pannella

Roma, 3 settembre 1998 – L’azione di polizia internazionale compiuta ieri per colpire presunti pedofili che utilizzavano la rete internet, sta determinando in Italia un clima da caccia alle streghe che va denunciato con forza. La spettacolarizzazione dell’inchiesta, il rilievo che essa ha avuto soprattutto nel nostro Paese, ha il sapore dell’Inquisizione e avrà conseguenze rilevanti sulle libertà individuali e sul diritto alla privacy.

Si assiste a una inconsulta ed emotiva demonizzazione dell’internet dipinta nell’immaginario degli italiani come strumento di perversione. Stupisce che nessuno lanci l’allarme sul modo caricaturale con il quale viene trattata l’inchiesta, che da un lato produrrà l’effetto di ritardare lo sviluppo in Italia del più potente e irrinunciabile mezzo di comunicazione, e dall’altro di scatenare morbose curiosità. Se preoccupa la legge dagli accenti illiberali sul rapporto internet-pedofili è carico di presagi nefasti il fatto che l’inchiesta napoletana sia affidata a quel pm, Diego Marmo, che inventò il “mostro” Tortora.

Contro ogni attacco alla libertà in rete invitiamo i navigatori telematici italiani a organizzare con noi una vasta mobilitazione.




Questo è il comunicato che ha diffuso ALCEIElectronic Frontiers Italy.

 

3 settembre 1998

 

Un’ennesima, clamorosa campagna di terrorismo e disinformazione sull’internet


La notizia dell’indagine a carico di alcune persone accusate di possedere materiale “pornografico” ha offerto il pretesto per un’ennesima, e questa volta massiccia,campagna contro la libera comunicazione in rete; che ha invaso oggi le prime pagine dei quotidiani, per non parlare dell’evidenza con cui (ancora una volta) questo tema è ripreso dalle emittenti televisive pubbliche e private.

Come sa chiunque abbia approfondito l’argomento, la “pedofilia” (e più in generale la violenza, sessuale o non, contro bambini e adolescenti) è un male antico e complesso, profondamente penetrato nel tessuto della società, che non si guarisce né intacca con campagne come questa, né con provvedimenti ipocriti e repressivi come la recente legge per la “tutela dei minori”.

Non da oggi (ma oggi con particolare intensità e clamore) i grandi mezzi di informazione si accaniscono nel ripetere un’affermazione sensazionale quanto falsa: che esista un qualsiasi rapporto strutturale fra la circolazione di materiale più o meno proibito e illegale e le reti telematiche.

La diffusione clandestina di videocassette con contenuti talvolta orribili esiste da molti decenni (e per le fotografie da più di un secolo) e non è certo l’internet lo strumento più adatto per questo scopo, perché è troppo trasparente e permette un po’ troppo facilmente di rintracciare i colpevoli (come di perseguitare innocenti, cosa che è già accaduta fin troppo spesso).

Queste campagne (come leggi e disposizioni repressive basate sugli stessi pregiudizi) non hanno efficacia alcuna nel reprimere il maltrattamento dei minori, mentre producono un danno enorme alla nostra cultura e alla nostra economia.

L’Italia è già molto arretrata, nell’uso delle moderne tecnologie di comunicazione, rispetto a paesi di comparabile sviluppo economico e sociale. La continua diffusione di notizie deformate e terrorizzanti contribuisce a rallentare lo sviluppo della rete nel nostro paese, con danno per tutta la società civile e in particolare per le nuove generazioni.

Queste vergognose manipolazioni hanno un altro pericoloso effetto: favorire forme di censura e controllo della rete che, qualunque sia il pretesto, inevitabilmente si traducono in una repressione della libertà di parola. In breve, censura. Sono il prodotto di due cose perniciose: ignoranza e ipocrisia. Se non di una deliberata intenzione repressiva da parte di chi teme un troppo libero scambio di informazioni e di idee.

ALCEI – Electronic Frontiers Italy, l’associazione per la libertà nella comunicazione elettronica interattiva, chiede a tutti i cittadini della rete di diffondere il più possibile la protesta e di intervenire con la massima energia possibile su tutti i mezzi di informazione, perché si cominci a capire che non siamo disposti a subire passivamente queste minacce alla nostra libertà.




Scusatemi se ritorno ancora sul tema, ma (a parte il fatto che sono furibondo) mi sembra che meriti un altro approfondimento.

Non sono in grado di fare una “rassegna stampa” esauriente, ma anche da un esame affrettato è evidente che non tutti i giornali italiani hanno trattato la faccenda “pedofili incriminati” (e internet) con la stessa evidenza.

Pochi l’hanno messa in prima pagina. Fra questi La Stampa e La Nazione, con titoli non molto vistosi e non lunghi svolgimenti (La Stampa dedica una pagina interna all’argomento, con toni un po’ meno catastrofici di altri giornali).

Solo due (fra parecchi che ho visto) l’hanno “sparata” come la notizia più importante del giorno – ma sono i due quotidiani più diffusi in Italia: La Repubblica e il Corriere della Sera.

Il Corriere, oltre a un titolo su cinque colonne in prima pagina, nella posizione di massima evidenza, dedica una pagina all’argomento. Ma se dovessimo assegnare il premio per il massimo di isteria e mistificazione va a Repubblica, che non solo spara un titolo fortissimo in prima pagina ma sviluppa il tema in altre due melodrammatiche pagine. (Sarebbe interessante capire perché c’è una notevole differenza fra il modo in cui questi argomenti sono trattati nell’edizione online di Repubblica rispetto all’edizione “cartacea”... come se ci fosse un conflitto fra le due redazioni).

Insomma in questo stridulo coro le due voci più acute (e stonate) sono quelle dei nostri due maggiori quotidiani. Chissà perché.




Per un approfondimento vedi anche:

Alice nel paese delle ipocrisie

La crociata, il macigno e il venticello

Dagli all’untore

L’internet, il bambino e l’acqua sporca

Quel simpaticone di Zio Luigi



 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
  1998
 

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